giovedì 4 agosto 2016

LA STORIA DEL GROP


IL GROP

LA STORIA DEL “GROP”


Quando guardo il mio “GROP”, mi viene sempre da sorridere. Infatti, ogni volta che lo ammiro, nella sua semplicità e nella sua bellezza, penso a MAX e a tante altre persone e amici che mi chiedono incuriositi, il significato di quel piccolo straccetto bianco, arrotolato , con il suo nodo (GROP). al centro. In realtà, pensandoci bene, se una persona non è a conoscenza che il “GROP” è un braccialetto che “identifica”, tutte le persone che hanno un rapporto speciale con la Montagna, si meraviglia di vedere quello strano braccialetto al polso di molte persone che si incontrano nei sentieri della nostra Montagna. Quindi dopo aver ricevuto un’infinità di domande sul “GROP”, ho deciso di raccontare, in parole povere, la storia che io conosco sul “GROP”.
Un giorno , tanti anni fa, quando ero ancora bambino, mentre con i salesiani del Bearzi di Udine, stavamo rientrando a Pierabech da una escursione sul Coglians, ci fermammo al Rifugio Marinelli per una breve sosta.
Ricordo che i nuvoloni correvano bassi, accarezzandoci il viso e giocando con l’azzurro delle piccole finestrelle del rifugio, facendo scomparire e riapparire le montagne e il rifugio stesso, come in un continuo e divertente gioco di prestigio. Mi ero seduto all’interno del rifugio su di una panca nella piccola, ma accogliente e calda sala attorniata dalle pareti che,  parlavano tutte di montagna con le immagini che vi erano appese. La mia attenzione era stata subito attirata da un piccolo libricino sgualcito e ingiallito dal tempo. Lo presi in mano e subito mi meravigliai di come potevano stare ancora unite le sue pagine. Un’infinità di deboli filetti di tessuto e colla tenevano unite le pagine in modo molto precario. Il libro si intitolava “IL VECCHIO E IL SUO GROP” (GROP nella lingua friulana significa , nodo). Il libro raccontava la storia di un vecchio che aveva deciso di trascorrere la sua vecchiaia, tra i monti del Friuli Venezia Giulia. Di lui non si sapeva nulla. Tutti lo chiamavano il vecchio e nessuno conosceva il suo vero nome. Il vecchio non si era mai presentato ne tanto meno aveva raccontato la storia della sua vita e del suo passato a nessuno. Leggevo le pagine di quel libricino, come si beve un bicchiere d’acqua fresca, quando si è pieni di sete, la mia mente era rapita dalle lettere stese su quelle pagine ingiallite dal tempo e dal fumo. Lo scrittore raccontava che il “vecchio” camminava sui sentieri delle nostre montagne in lungo e in largo e non c’era escursionista che almeno una volta, nelle sue escursioni, non l’avesse incontrato. Il vecchio veniva descritto come una persona anziana, non tanto alto, senza un’età certa. I suoi capelli di un grigio quasi metallizzato, sempre tagliati a spazzola e corti, creavano un forte contrasto con il viso, scolpito dalla luce e dal tempo. Lo si incontrava ovunque con il suo zaino,la sua penna,il suo quaderno e il suo inseparabile bastone intarsiato. Di lui si sapeva poco o quasi nulla. L’unica cosa che si sapeva era che aveva deciso di passare la sua vecchiaia, vivendo in casere, bivacchi e ricoveri, lontano dalle grandi città. Il “vecchio” nel racconto veniva descritto come una persona che aveva sempre un parola  per tutti; Raccontava le magie dei fiori svelandone nomi e segreti. Indicava luoghi incantati e come arrivarci. Svelava trucchi, su dove e quando avvistare simpatici animali, che con il tempo,erano diventatati suoi amici. Parlava di acque e di lune, di quadri della notte dipinti dalle stelle. Aveva sempre un sorriso per tutti e la sua voce donava serenità; Quando parlava della montagna, diceva sempre che possedeva dei grandi poteri e  una grande “magia”: quella di farlo tornare bambino. Quel vecchio per tutti, era diventato la montagna. Ormai faceva parte integrante della stessa. Sempre più di sovente lo si trovava sulle sue cime, mentre era assorto ad intagliare il suo bastone con il coltellino, o mentre scriveva o disegnava sul quaderno, o semplicemente mentre ammirava il panorama. Ma quello che attirava sempre la curiosità e l’attenzione delle persone che lo incontravano, era quello lo strano braccialetto di “straccio”bianco,arrotolato , con al centro un piccolo ed elegante nodo,che il vecchio portava al polso. Alla domanda di che cosa fosse e cosa significasse quello strano braccialetto che indossava, il vecchio rispondeva, con modi sempre gentili,la maggior parte delle volte, divagando, che si trattava dell’oggetto più prezioso , che lui avesse, ma se riusciva a capire che la persona che aveva davanti, la pensava come lui sulla montagna, allora, d’impulso, apriva lo zaino, estraeva una birra e dopo averla stappata, gliela porgeva; Era il suo modo per iniziare il racconto sul suo braccialetto. Quando raccontava la storia del suo braccialetto, i suoi occhi si illuminavano di una luce diversa, mentre le parole scorrevano come fiumi in piena. Non erano molte le persone a cui il vecchio aveva raccontato la “magica” storia di quel braccialetto, ma di sicuro queste persone avevano qualche cosa di speciale che le legava alla montagna. Il vecchio raccontava, che quel braccialetto di straccio bianco, all’apparenza insignificante e privo di alcun valore materiale, in realtà un preziosissimo e importantissimo oggetto di inestimabile valore affettivo. Il vecchio raccontava di aver ricevuto quel braccialetto, da un “GRANDE” uomo che viveva tutto l’anno assieme alla sua montagna e alle sue difficoltà, cercando di tenere in vita un piccolo rifugio. Una sera , mentre erano seduti ad un tavolino del rifugio, parlando di montagna, come tutte le volte che si vedevano, l’uomo donò al “vecchio” quel piccolo straccetto bianco con al centro un piccolo ed elegante nodo (GROP) raccontandogli la sua storia e il significato di quel prezioso oggetto, spiegandogli, che il piccolo nodo (GROP),  posto al centro del braccialetto, era un modo per non dimenticare e portare sempre con loro, tra i sentieri della montagna del Friuli Venezia Giulia, tutte quelle persone morte tra quelle montagne, mentre il colore bianco e lo straccio, rappresentavano la solidarietà,l’onestà e l’umiltà. L’uomo gli donò il “GROP” e lo pregò di fare altrettanto, se sul suo cammino, avesse trovato persone speciali che lo meritavano, continuando una tradizione, che a lui era stata trasmessa dai sui vecchi. L’uomo gli spiegò anche, che non avrebbe dovuto preoccuparsi o dispiacersi se perdeva tra i sentieri il “GROP”, in quanto quella era la sua naturale fine o destino, cioè quella di scomparire, come d’incanto,su qualche montagna amata particolarmente da una di quelle anime, racchiuse in quel piccolo, grande nodo del “GROP”.

(Dorino Bon)





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